GIORNALISMO ON DEMAND
PAGARE L’INFORMAZIONE ON LINE?
OK, MA ME LA SCELGO IO…
2010: si cambia. Finalmente anche in Italia, come succede negli USA già da diversi anni, nasce il primo sito di giornalismo on demand: i lettori diventano così editori, decidendo e sostenendo finanziariamente le inchieste e i servizi da pubblicare.
Il mondo dell’editoria tradizionale nel 2009 ha subìto una delle più devastanti crisi di tutti i tempi. Il mercato pubblicitario è affondato, le vendite dei giornali naufragate. Nel frattempo su Internet è cominciato il lento processo di traghettamento dell’informazione a pagamento. Morale: i giornali cartacei si vendono sempre meno, quelli su Internet, oggi gratuiti e domani a pagamento, dovranno attendere un bel po’. E nel frattempo? Nel frattempo la gente continua a chiedere buon giornalismo, e soprattutto è stanca di pagare per avere in cambio giornalismo capzioso, urlato, partigiano. Quel giornalismo che in Italia si è addirittura sostituito alla politica, creando il mostro dei “giornali-partito”. Proviamo allora a mutare rotta in modo drastico. Inventiamo un diverso rapporto fra lettore e operatore dell’informazione. Interrompiamo quella che oggi tutti chiamano “la filiera” dell’informazione e inventiamoci una sorta di “dal produttore al consumatore” senza intermediazioni di gruppi editoriali più o meno schierati. Da una parte il giornalista, dall’altra il suo unico editore vero (idealmente): il lettore.
Ecco allora dig-it: to dig, scavare in inglese. Dig it, scavalo, scava più a fondo. Ma anche, in gergo, goditela fino in fondo. E ancora Dig it come Digit, digitale. Dig-It propone inchieste giornalistiche, l’utente della Rete decide se sono interessanti e le “compra”. Ogni inchiesta, articolo, approfondimento o reportage ha un suo costo, dato dal lavoro del giornalista e dalle spese che sostiene per realizzare il servizio. Questo costo viene dunque pagato dagli utenti, una sorta di grande sottoscrizione popolare per avere in cambio un servizio giornalistico nel quale nessuno guadagna. Si paga un lavoro e si ottiene un servizio. Ma non solo. Dig-It propone temi e, soprattutto, accoglie e rilancia proposte: l’utente chiede, se la sua richiesta piace agli altri utenti, e se tutti sono disposti a pagare poche decine di centesimi per far partire il lavoro, il lavoro parte. Giornalismo indipendente? Etica? Deontologia? Anche, ma non di questi slogan vive Dig-It. Molto umilmente, Dig-It è una sorta di giornale/non giornale.
Non ci sono rubriche, non ci sono sezioni. Ci sono articoli, approfondimenti, commenti. Decisi insieme a chi li paga. Preventivamente. L’utente non acquista un prodotto deciso e confezionato da altri: il direttore di Dig-It è la Rete, l’editore di Dig-It è la Rete. Non c’è edicola, non ci sono distributori, non c’è carta. Non ci sono vincoli. Se un’idea piace, si raccolgono i soldi necessari e si parte. Se non piace, pazienza. Dig-It guarda al presente critico della carta stampata ma anche al futuro dell’informazione in genere: l’iPad di Steve Jobs è un’altra rivoluzione nella quale Dig-It sarà protagonista.