

Agenti cresciuti nel dopoguerra: generazione di fenomeni
Casella, un nome di prestigio nel settore dei “giocattoli e affini” da tre generazioni, forse quattro, chissà!
a cura di Leonella Zupo
Di rappresentanti dell’agenzia Casella&C. ne aspettavamo solo due per l’intervista. Si sono presentati… quasi in tre, perché Manuela, figlia di Enzo Casella, è in attesa del piccolo Matteo, chissà, forse futuro agente anche lui… Ma cominciamo dal futuro nonno, dalla carica energetica esplosiva. Milanese Doc, classe ’39, Enzo Casella si diploma in Ragioneria e, nel dopoguerra, inizia ad affiancare il padre, rappresentante prima nel settore cancelleria poi nel settore giocattolo con particolare riferimento agli articoli del Carnevale. «Nonostante mi avessero proposto di andare a lavorare come ragioniere, il lavoro di mio padre mi piaceva e mi affascinava molto perché implicava viaggiare», esordisce Casella. Fa comunque domanda all’Accademia Navale (il padre era stato in Marina), ma la sua domanda non viene accettata, quindi – dietro esortazione della madre – inoltra una domanda anche per frequentare il corso ufficiali. Nell’attesa, siamo nel 1959, con una Fiat 600 usata, il sedile posteriore abbattuto per lasciare posto a quattro valigioni di campionari su cui poggiano alcuni vestiti, cominciano i viaggi e la collaborazione ormai autonoma con l’azienda paterna nelle zone del Nord Italia (Liguria, Veneto, Lombardia, Friuli, Emilia). Erano tempi duri, l’autostrada ancora non esisteva, per arrivare in posti come Trieste si partiva al mattino per arrivare la sera tardi. E non esistevano nemmeno i cataloghi, si facevano le esposizioni con quello che si poteva portare negli alberghi: «Ricordo per esempio all’Hotel Palace di Genova», continua con una punta di autoironia Casella, «i colleghi di mio padre che spesso incontravo avevano quasi tutti almeno vent’anni più di me; allora rappresentavo una ditta di gonfiabili e i campionari, che portavo con me in camera, pesavano tantissimo. E poi naturalmente andavano tutti gonfiati! Che fatica… Però, entrando in questo “mondo” ho avuto anche l’occasione di conoscere persone di gran valore, che hanno segnato la mia esistenza, mi hanno insegnato la professione, e anche a vivere. Io li ho sempre considerati dei veri professionisti, dei “Cavalieri del commercio”. Da queste esperienze, da questi incontri, ha avuto inizio la mia attività». Ma all’età di 20 anni, in procinto di andare in ferie al mare, arriva la fatidica cartolina rosa e Casella viene chiamato nel Reggimento Alpini ad Ascoli Piceno, dove frequenterà il corso ufficiali. Dopo un anno e mezzo trascorso in caserma, tra Ascoli Piceno prima, Aosta e Merano poi, nonostante lo spauracchio di andare al fronte per una potenziale terza guerra mondiale che si ventilava in occasione della crisi di Cuba, finisce comunque un periodo tutto sommato felice e ne ricomincia un altro che lo catapulta in una realtà completamente diversa da quella della vita in caserma. Siamo nel 1963, e dopo pochi giorni dal suo rientro a casa, la prima edizione del Salone del Giocattolo: «Da allora sono salito in macchina, ho ripreso a lavorare e ho sempre viaggiato, e non mi sono ancora fermato… Con mio padre avevamo già una struttura con dei collaboratori, un ufficio di 150 metri quadri a Milano in via Alberto da Giussano, con una segretaria e una sala campioni. Rappresentavamo aziende spagnole e francesi nel settore del Carnevale-giochi pirotecnici, ma anche in quello natalizio e del giocattolo (tra cui l’Isat di Sergio Sacchi, che ha chiuso la sua attività solo qualche anno fa, era sicuramente quella più significativa). Ne ho viste proprio di tutti i colori, in quel periodo. Molti agenti all’epoca giravano in macchina e si fermavano negli alberghi con una segretaria e un magazziniere al seguito. Ricordo il mitico collega Fucili, anche lui milanese, grazie al quale molte aziende rappresentate sono cresciute: Fucili, ma anche tanti altri, Cagnoni o Solaroli per esempio, erano agenti con dei numeri in più: responsabili commerciali, si occupavano di marketing e prodotto, pubbliche relazioni, insomma davvero un po’ di tutto, quasi a 360 gradi… Ricordo anche Gino Descé, un altro agente mitico, genovese, che girava per tutta Italia: arrivava in albergo col suo staff sempre tre giorni prima, perché quello era esattamente il tempo che gli occorreva per preparare un’esposizione!».
Erano tempi in cui si riuscivano a vendere articoli particolarmente fortunati, che si bruciavano in due mesi, uno fra tutti Going, rimasto in hit parade per almeno tre anni consecutivi». Gli agenti, naturalmente, si qualificano soprattutto in base alle aziende che rappresentano. Per Casella, oltre a Galvas e Isat, una delle aziende di spicco è stata sicuramente la Cesar, che produceva maschere di qualità in gomma e plastica nei pressi di Bordeaux, rappresentata per più di 25 anni. Importando dalla Francia a mezzo ferrovia, Casella è riuscito a vendere fino a venti vagoni di maschere all’anno, personalizzate ad hoc dietro sue indicazioni per il mercato italiano. Mercato che rappresentava il 25% del fatturato globale della società francese, che distribuiva i suoi prodotti in tutto il mondo. Nel tempo Casella è cresciuto molto e ha incrementato le vendite dirette ai grossisti soprattutto nei settori della cancelleria, dei gonfiabili, del settore natalizio e pirotecnico e, nella Grande Distribuzione, con prodotti anche molto diversi da quelli trattati inizialmente: biciclette per adulti (dell’azienda MBM) per esempio, o macchinari tedeschi per il fitness. «Ritengo che degli agenti veri professionisti nella vendita, nel commerciale e nel marketing», precisa Enzo Casella, «pur specializzandosi merceologicamente attraverso l’approfondimento, la conoscenza e lo studio dei prodotti, alla fine siano in grado di trattare e di vendere qualsiasi prodotto. Personalmente, se paradossalmente un’azienda mi proponesse di vendere… le sue “gru”, credo che venderei anche quelle, perché no? Vendere è vendere!». Casella ha sempre amato molto intrattenere rapporti internazionali, vendendo in Italia per ditte estere e all’estero per aziende italiane, con una grande esperienza anche dei mercati asiatici, esperienza che indubbiamente gli ha dato l’opportunità di allargare ulteriormente il proprio bagaglio professionale. Oggi, con i mezzi tecnologici avanzati a disposizione, l’ufficio per Casella si riduce molto sinteticamente a un computer collegato a Internet e un telefono.
Entra in campo la terza generazione
Manuela Casella, figlia di Enzo, ha costituito con il padre, col quale collabora ormai da anni, una Snc. Nata a Milano nel 1975, si diploma al Liceo Linguistico Internazionale, ma già in tenera età – appena le vacanze scolastiche gli e lo consentono – affianca il papà in occasione di alcune fiere. Da sempre attratta e un po’ contagiata dallo stile di vita e dalla realtà che il padre “porta” in casa, si appassiona subito al lavoro di agente, tanto da abbandonare gli studi di Giurisprudenza intrapresi. «Mio padre in quel periodo», racconta Manuela, «stava cercando un giovane da crescere e quindi, anche per tutta una serie di altre contingenze, colsi l’occasione di un esame andato male e decisi di cambiare la mia vita, iniziando a collaborare stabilmente con lui. Continuai però a specializzarmi nelle lingue (inglese e tedesco) ai corsi serali del British Council Goethe-Institut. Oggi, personalmente, mi ritengo molto fortunata perché ho avuto la possibilità di imparare un mestiere complesso da un maestro come mio padre. I ragazzi della mia età che possono iniziare un’attività come la nostra sono pochissimi perché il nostro è un lavoro che non si apprende a scuola, nessuno lo insegna, vale molto l’esperienza e quindi bisogna solo avere l’opportunità di affiancare personaggi come mio padre». «Posso aggiungere», si inserisce il padre, «che un modo sicuramente sbagliato di approcciare questa professione è quello di abbracciarla solo perché non si sa cos’altro fare. Solo chi capisce veramente che si tratta di una professione seria e importante può svilupparla in un certo modo. Personalmente mi vanto di aver fatto parte di un gruppo di agenti, di cui alcuni erano stati i miei maestri, che nel 1966 ha creato l’A.N.A.R.G.A. (Associazione Nazionale Agenti Rappresentanti Giocattoli e Affini), che aveva la finalità di qualificare sempre di più la nostra professione, arrivando a contare circa 230 iscritti in tutta Italia, con delegati in tutte le regioni. Ne sono stato anche presidente fino all’anno in cui Assogiocattoli ci ha chiesto di entrare in associazione, come poi è avvenuto, circa sette anni fa». Da allora Enzo Casella è consigliere di diritto e ne è uno dei tre vicepresidenti, insieme ai colleghi Negroni e Donatella Papetta, ed è uno dei due vicepresidenti del Salone del Giocattolo Srl. La categoria nell’ambito dell’associazione è dunque ben rappresentata, così come la continua qualificazione della professione auspicata fin dagli Anni ’60.
Un’ultima battuta di Casella Senior sul mercato: «Direi che è cambiato molto negli ultimi anni perché, per quanto riguarda la distribuzione dei giocattoli e affini, fino a vent’anni fa esisteva un certo numero di grossisti, cui è seguito un periodo di forte selezione a seguito dell’incremento della GD, un po’ come in tutti i settori merceologici del resto, che ha soffocato i grossisti per i bassi ricarichi, e che com’è noto non ha permesso a molti negozi di restare aperti. Oggi sopravvivono solo realtà di certe dimensioni, che fanno parte di gruppi di dettaglianti. Nel settore della cancelleria è stato un po’ diverso perché questo settore ha merceologie più ampie e, a differenza del giocattolo, una vendibilità dei prodotti per quasi dodici mesi all’anno, per cui molti sono riusciti a resistere. Anche la pubblicità sul giocattolo ha portato a delle modificazioni del mercato, creando altissime punte di vendita su alcuni prodotti che vivono l’arco di una stagione e a volte anche meno, a danno di altri. Questa situazione ha portato grossisti e commercianti ad avere degli stock incredibili a fine anno, cosa che non ha consentito loro di proseguire a lungo l’attività. Una situazione molto complessa».
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(Breve aneddoto di Enzo Casella)
«Quando mia figlia aveva 16-17 anni era già molto bella. Una volta l’ho portata in fiera con me e, mentre stavo compilando un ordine per un cliente, se ne avvicina un altro e mi sussuura all’orecchio con un termine poco ortodosso qualcosa del genere: “Che bella ragazza hai portato!”. E io subito: “Ehi, cretino, stai attento, guarda che quella è mia figlia!”... Naturalmente poi siamo diventati tutti e tre grandi amici e oggi, ogni volta che ci vede, ci abbraccia con grande affetto».