MADE IN ITALY, IL LUSSO È RESPONSABILE
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Secondo Salvo Testa, responsabile della Piattaforma moda, lusso & lifestyle della Sda Bocconi, la recessione economica globale metterebbe in discussione anche le strategie di crescita dei brand italiani della moda e del lusso, protagonisti finora di performance straordinarie e di un’intensa attività di merger and acquisition. A quanto pare, l’aggravarsi della situazione economica rende sempre più evidente la crisi del modello del ‘lusso speculativo’, che negli ultimi decenni è prevalso nelle imprese del settore, pur se con significative e lodevoli eccezioni. Alla base di tale modello vi sarebbe stata la scelta più o meno inconscia di privilegiare i nuovi consumatori del lusso: gli ‘aspirazionali’ delle classi medie nei Paesi evoluti e i ‘ricchi oligarchi’ nei Paesi emergenti. Ma in che modo le aziende hanno perseguito tale modello? Con una strategia che ha puntato fondamentalmente sullo sfruttamento dei loro brand, su crescenti costi in comunicazione (advertising, pr, eventi, celebrities, product placement) e su elevati investimenti nel canale retail (negozi monomarca, sia nei mercati maturi sia in quelli emergenti).
In molti casi il maggior onere di tali componenti immateriali è andato a penalizzare paradossalmente la qualità intrinseca: pochi si sono preoccupati del progressivo impoverimento del prodotto, accentuato dalla diffusione dei processi di delocalizzazione produttiva in Paesi a basso costo di manodopera, anche perché la domanda di prodotti firmati garantiva una dinamica di prezzi crescente. Tale strategia, che fa leva su una scarsa attenzione al valore sostanziale del prodotto da parte dei clienti, è sicuramente la strada più rapida ed efficace per la crescita dei fatturati e degli utili, oltreché quella privilegiata dai partner finanziari nelle aziende che hanno cercato risorse per lo sviluppo, aprendo il capitale a terzi. La conferma che tale strategia abbia creato una ‘bolla del lusso’ è oggi sotto gli occhi di tutti: le aziende che hanno esasperato tale modello stanno pagando il prezzo più caro all’attuale crisi, mentre quelle che hanno mantenuto dritto il timone sulla qualità, sul servizio al cliente, sull’elevato rapporto valore/prezzo, sull’integrità del proprio brand, dimostrano di poter fronteggiare meglio l’attuale situazione e di potersi addirittura rafforzare nei prossimi anni. Volendo delineare le possibili evoluzioni del settore, anche le aziende della moda e del lusso dovranno dunque far propri alcuni valori emergenti nella società, che rappresenteranno per imprenditori, manager e collaboratori le grandi sfide per costruire un nuovo modello di sviluppo: la salvaguardia e la valorizzazione delle risorse ambientali, lo sviluppo di materie prime e di energie rinnovabili, la tracciabilità totale di prodotto, l’introduzione di valenze salutistiche, la ‘certificazione etica’, costituirebbero aree di innovazione che potrebbero portare a una nuova generazione di prodotti moda/lusso sostenibili. A quanto pare, vi sono almeno due presupposti per poter avviare nelle aziende tali cambiamenti. La presa d’atto che il cliente finale non sarà più un consumatore passivo, cui vendere un prodotto, ma un ‘consum-attore proattivo’, che occorrerà ascoltare per soddisfarne le esigenze materiali ed emozionali. E una concezione del ruolo dell’impresa che riporti al centro il contemperamento degli interessi di tutti gli attori che direttamente e indirettamente contribuiscono alla sua esistenza: oltre agli azionisti, i dipendenti e i collaboratori, i clienti, i fornitori, le associazioni non profit, le istituzioni pubbliche, la società nel suo complesso.
Le aziende italiane della moda e del lusso sono le meglio attrezzate, rispetto a quelle di altri Paesi maturi ed emergenti, per perseguire tale modello di ‘lusso responsabile’, in quanto i valori che ne stanno alla base, seppure ultimamente sopiti, fanno parte del loro Dna. Forse occorrerà tornare alle origini del successo del Made in Italy, senza rinunciare alle continue innovazioni tecnologiche e manageriali, per ritrovare la passione e l’etica del fare e ricostruire un futuro più solido per le aziende di casa nostra…